Correttivo Cartabia: in GU le modifiche al processo civile

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 264 dell’11 novembre 2024 il D. Lgs. n. 164 del 31 ottobre 2024, contenente disposizioni integrative e correttive al D. Lgs. 149/2022 (Riforma Cartabia), il quale apporta modifiche al Codice civile, al Codice di procedura civile e alle relative disposizioni di attuazione, nonché ad alcune leggi speciali (anche noto come correttivo Cartabia).

Il decreto recante il correttivo alla riforma Cartabia, che entrerà in vigore il 26 novembre 2024, conta otto articoli:

  • l’art. 2 modifica l’art. 38 delle disposizioni attuative del codice civile, relativamente alla competenza per i procedimenti in materia di famiglia per l’irrogazione di sanzioni in caso di inadempienze o violazioni, al fine di introdurre un richiamo puntuale e non generico a tali procedimenti
  • l’art. 3 modifica il codice di procedura civile, al fine di adeguare il codice al processo telematico e ad altri mutamenti legislativi nel frattempo intervenuti, allo stesso tempo introducendo disposizioni volte a chiarire o prevenire dubbi interpretativi e disposizioni di coordinamento
  • l’art. 4 modifica le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie
  • l’art. 5 interviene al livello di coordinamento normativo sull’art. 387-bis C.p., in materia di azione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa
  • l’art. 6 reca diverse modifiche a leggi speciali
  • l’art. 7 prevede delle disposizioni transitorie, per cui, in via generale, le disposizioni dello schema di decreto si applicheranno ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

Correttivo Cartabia e modifiche al Codice di procedura civile

In estrema sintesi, rinviando all’esame del testo del decreto pubblicato in Gazzetta ufficiale e qui allegato, il correttivo alla riforma Cartabia dispone che:

  • il Giudice potrà disporre il passaggio al rito semplificato già nella fase dello scambio delle memorie (fase preliminare), potendo decidere diversamente poi in udienza
  • l’eccezione d’ufficio d’incompetenza sarà rilevabile col decreto in fase preliminare e non più all’udienza
  • il Giudice dovrà verificare che un suo eventuale ordine sia stato rispettato, anche se ciò non può condurre alla definizione immediata del giudizio
  • per evitare incertezze, il Giudice dovrà sempre pronunciare il decreto di fissazione dell’udienza, che confermi o meno la data già fissata nell’atto di citazione, e soprattutto che i termini a ritroso per le memorie decorrano da questo
  • quanto al rito del lavoro, vengono modificati gli artt. 127-ter e 128 C.p.c., esplicitando la possibilità di sostituire l’udienza di discussione con lo scambio cartolare, salva l’opposizione anche di una sola parte; inoltre, il provvedimento del Giudice depositato il giorno successivo alla scadenza del termine per le note scritte, vale come lettura in udienza
  • quanto al rito semplificato, le modifiche all’art. 281-duodecies C.p.c. intervengono sulle preclusioni: lo ius poenitendi resta escluso, cambiando solo la lettera della norma nella quale si è dato contenuto esplicito alla precedente formula del “giustificato motivo”; nulla viene espresso in ordine alle preclusioni istruttorie
  • quanto ai procedimenti d’impugnazione, i requisiti di chiarezza, sinteticità e specificità del ricorso non sono più soggetti alla sanzione d’inammissibilità di cui all’art. 342 C.p.c., come invece resta per il ricorso in Cassazione (art. 366 C.p.c.)

Modifiche in materia di Mediazione obbligatoria e facoltativa

In estrema sintesi il correttivo alla riforma Cartabia dispone che:

  • viene aggiunta alla mediazione obbligatoria la procedura alternativa prevista dalla legge istitutiva dell’AGCOM
  • il termine ultimo per l’ordinanza di mediazione demandata, non sarà la precisazione della conclusioni, ma il momento in cui si fissa l’udienza di rimessione della causa in decisione
  • la durata della mediazione sarà di sei mesi, prorogabile dalle parti più volte, qualora si svolga prima dell’instaurazione del processo, mentre per quella demandata (in pendenza di processo) la durata di sei mesi potrà essere prorogata solo una volta
  • non sarà necessaria un’autentica di firma nella procura per la mediazione, qualora la parte non intenda presenziare personalmente, anche se resterà comunque da rilasciare per iscritto, fatto salvo il caso in cui il rappresentante debba firmare accordi contenenti atti di cui all’art. 2643 C.c.
  • viene ripresa la formula antecedente alla riforma Cartabia, per cui, ove il tentativo di mediazione fallisca, la domanda giudiziale potrà essere proposta nel termine di decadenza a decorrere dal deposito del verbale negativo (art. 11, c. 4-bis, D. Lgs n. 28/2010)
  • si specifica nell’art. 5, c. 2 del D. Lgs n. 28/2010, che la condizione di procedibilità riguarda, non genericamente la domanda giudiziale, bensì solamente la domanda introduttiva, assumendo formalmente la scelta della Corte di Cassazione (con provvedimento n. 3452/2024), che aveva negato l’operatività della condizione per la domanda riconvenzionale.

Il dl contro le aggressioni ai medici è legge: arresto in differita entro 48 ore.

La Camera ha approvato definitivamente, con 144 voti a favore e 92 astenuti, le misure per contrastare la violenza contro i professionisti sanitari e socio-sanitari e il danneggiamento dei beni destinati all'assistenza sanitaria. La norma prevede l'arresto obbligatorio in flagranza e, in determinate condizioni, l'arresto in flagranza differita per i delitti di lesioni personali nei confronti dei professionisti sanitari, sociosanitari e dei loro ausiliari, nonché per il reato di danneggiamento dei beni destinati all'assistenza sanitaria.

Questa legge è stata introdotta in risposta ai recenti episodi di violenza contro medici, infermieri e personale sanitario. Mira a intervenire sulle aggressioni alle persone e sui danni ai beni destinati all'assistenza sanitaria. La norma prevede inoltre la reclusione da uno a cinque anni e multe fino a 10 mila euro, oltre all'arresto in differita entro 48 ore dai fatti, nel caso in cui ci siano filmati o altre prove del reato, superando così la mancata flagranza di reato.

 

L'assegno di mantenimento nelle unioni civili è previsto, ma non è automatico: ecco le condizioni stabilite dalla Cassazione

Quando si conclude un’unione civile, il diritto al mantenimento non è garantito automaticamente. La Corte di Cassazione ha chiarito le condizioni necessarie. Le unioni civili, regolamentate dalla legge n. 76 del 2016 (c.d. legge Cirinnà), rappresentano una convivenza ufficiale tra due persone dello stesso sesso. Offrono diritti e doveri simili al matrimonio tra coppie eterosessuali, con alcune differenze significative, come l'assenza dell’obbligo di fedeltà.

Alla fine di un’unione civile, l’assegno di mantenimento non è scontato. L’art. 1, comma 25 della legge Cirinnà prevede che l’assegno di mantenimento per le unioni civili segua le stesse regole di quello per il divorzio, secondo la Legge sul divorzio. In pratica, il contributo economico tra ex partner deve essere trattato in modo simile a quello previsto per gli ex coniugi.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24930/2024, ha specificato che l’assegno di mantenimento:
- Non è garantito automaticamente alla fine dell’unione civile;
- Richiede una valutazione delle condizioni economiche di entrambi gli ex partner.

L’assegno di mantenimento ha una funzione assistenziale, compensativa e perequativa. Viene riconosciuto solo se chi lo richiede dimostra di non avere mezzi sufficienti e di non poterli ottenere per ragioni oggettive. Se entrambi gli ex partner si trovano in situazioni economiche fragili o comparabili, l’obbligo di mantenimento non viene imposto.

L'ordinanza della Corte richiama anche l'art. 5 della legge n. 898/1970, che stabilisce che un coniuge deve corrispondere un assegno all’altro solo se quest’ultimo non dispone di mezzi adeguati o non è in grado di procurarseli per motivi oggettivi. La sentenza n. 11504 del 2017 aveva già affermato che l’assegno non deve servire come rendita per compensare la fine della relazione. Il contributo economico deve essere visto come uno strumento di solidarietà, limitato ai casi in cui c'è un effettivo squilibrio tra le condizioni economiche degli ex partner.

La determinazione del diritto all’assegno di mantenimento a conclusione delle unioni civili implica un confronto tra le situazioni economiche e patrimoniali di entrambi gli ex partner. La Corte suggerisce di considerare vari elementi:
- Contributo alla vita familiare: l’apporto di ciascun partner durante la convivenza, compreso il lavoro domestico e di cura della famiglia;
- Patrimonio accumulato: la partecipazione alla creazione di beni comuni o personali;
- Durata dell’unione civile: un’unione più lunga potrebbe giustificare la richiesta di mantenimento.

 

Acquisto casa: attenzione alle brutte sorprese! Rischi di perderla se il venditore è separato: ecco come evitarlo

Comprare un immobile è sempre un'operazione delicata. L'acquirente deve valutare attentamente l'opportunità della scelta e la proporzionalità dell'esborso rispetto alle caratteristiche e ai pregi dell'abitazione. È essenziale raccogliere il maggior numero di informazioni sulla casa in vendita, come i passaggi di proprietà dell'immobile o la presenza di eventuali ipoteche, per evitare brutte sorprese e questioni legali.

Un esempio è l'acquisto di un immobile da un venditore separato. Quali rischi ci sono? Anche se il proprietario separato è libero di vendere l'abitazione, il compratore potrebbe avere problemi se uno dei due coniugi ha debiti.

Esiste infatti la possibilità di una simulazione della separazione, un artificio che nasconde un concreto rischio di truffa ai danni dell'acquirente. Questo accade quando una coppia si separa non per divergenze caratteriali, tradimenti o altro, ma per sfuggire ai creditori e nascondere beni che altrimenti sarebbero soggetti a pignoramento e vendita forzata. La coppia simula la separazione per ingannare i creditori, ma anche l'acquirente della casa può diventare una vittima.

Le coppie che ricorrono alla simulazione della separazione mirano a eludere i diritti dei creditori di uno dei coniugi. Ad esempio, un marito che ha accumulato debiti a causa di investimenti sbagliati potrebbe fingere di separarsi dalla moglie per dividere i patrimoni. Così, con un accordo di separazione consensuale, l'uomo potrebbe intestare alla moglie la propria abitazione, sottraendola ai creditori e alla procedura esecutiva.

Quali sono i rischi per l'acquirente di un appartamento collegato a una separazione simulata? Cosa succederebbe se un creditore si rivolgesse al tribunale per far dichiarare la simulazione della separazione? L'acquirente dovrebbe restituire l'immobile? La legge indica che prevale il diritto di chi ha per primo trascritto l'atto:

- Se l'acquisto è stato trascritto nei registri pubblici prima della trascrizione della domanda giudiziale di accertamento della simulazione, l'acquirente in buona fede sarà tutelato e il suo diritto prevarrà sugli altri. In sostanza, l'acquisto sarà salvo.
- Se invece è la domanda giudiziale di accertamento della separazione simulata a essere trascritta per prima, l'acquirente non potrà far valere alcun diritto sull'immobile e potrà solo ottenere la restituzione della somma versata al venditore.

La trascrizione dell'atto nei registri pubblici garantisce la certezza dei rapporti giuridici e rende l'atto opponibile ai terzi, stabilendo un ordine di priorità temporale tra gli atti che riguardano lo stesso immobile. Per evitare brutte sorprese, è consigliabile chiedere al notaio una visura che comprovi l'assenza di pesi e ipoteche sull'immobile e trascrivere quanto prima il rogito nei registri pubblici. Anche questa operazione sarà curata dal notaio.

In conclusione, se prima della trascrizione dell'acquisto viene trascritta una domanda giudiziale di accertamento della simulazione, l'acquirente perderà l'appartamento, pur avendo la possibilità di richiedere la restituzione della somma pagata.